IL PULPITO
Gli architetti romanici non resteranno insensibili di fronte a uno degli arredi più belli della chiesa longobarda, tanto che decideranno di conservarlo e inserirlo nella nuova pieve: è il pulpito di pietra che si trovava addossato alla balaustra che delimitava la zona presbiteriale, sul lato destro chiamato in cornu epistulae della navata principale; infatti possiamo notare che la parte posteriore poggia adesso su blocchi in pietra utilizzati come materiale di recupero, scolpiti a bassorilievo con motivi a spirale, rosette e una figura di animale molto erosa e facenti forse parte della decorazione esterna della pieve. La zona presbiteriale della chiesa longobarda era separata da quella dei fedeli da tre gradini, presenti anche nella navatella destra, e da una balaustra in pietra probabilmente a specchiature lisce separate da lesene, come in altri esempi italiani: il pulpito si addossava a questa balaustra per la parte posteriore, mentre l’altra poggiava sul basamento tuttora conservato; le varie parti verranno poi separate e riassemblate per la pieve romanica, non è certo se nella disposizione originaria delle specchiature.
Stilisticamente il pulpito è stato all’inizio interpretato come opera di un romanico primitivo, “barbaro”, finché nel 1987 Mario Bucci comprese per primo la sua appartenenza alla cultura longobarda pur non abbandonando del tutto una collocazione all’ambiente barbarico: in realtà l’arte cosiddetta “barbarica”, che comprende generalmente quella degli invasori arrivati in Italia, era un tempo considerata espressione di decadenza artistica e culturale; oggi si riconosce tuttavia che ai “barbari” si deve l’invenzione di tecniche e canoni estetici nuovi, che si discostano volutamente dall’ideale classico del bello e dalle sue proporzioni per attingere a un linguaggio dove il fantastico e il simbolico si uniscono all’immaginazione e al colore in una visione originale del mondo.