CAPITELLO DEI CAVALIERI
navata destra, prima colonna



Questo è un capitello "in movimento": quattro cavalli al passo sono montati da tre cavalieri armati di lancia e difesi da grandi scudi triangolari del tipo francese antico; il quarto cavallo ha invece sulla groppa, seduto al contrario e all'amazzone (con le gambe cioè da un solo lato), quello che a prima vista sembra un vecchio in posa ricurva, con la gamba destra sollevata e i gomiti piegati; agli angoli appaiono quattro figurette maschili nude, stanti e con le braccia in pose diverse: sui fianchi, sulla pancia, sulle gambe ripiegate e sulla testa di un cavallo (l'altro braccio di questa figuretta è mancante, ma un frammento indica che doveva essere volto verso la lancia del cavaliere).
L'interpretazione di queste figure ha dato luogo a ipotesi diverse, soprattutto per la presenza del vecchio che il Gandolfo (2003) identifica come una versione del celebre
Cavaspina, o Spinario, il bronzo ellenistico noto anche in numerose copie che nel Medioevo si trovava nella piazza della basilica di San Giovanni in Laterano (donato a Roma nel 1471 da papa Sisto IV e oggi nei Musei Capitolini) ed era interpretato anche come un'immagine della lussuria; questa lettura è rafforzata per lo studioso dalla presenza dei nudi agli angoli e dei cavalieri, visti come rappresentanti di un modo di vivere violento e non cristiano. Mons. Moretti (2004) rovescia invece il simbolismo dei cavalieri, preferendo mettere in luce i princìpi della cavalleria e identificando così nei tre cavalieri i paladini della fede cristiana, contrapposti ai nudi maschili simbolo del paganesimo e della lussuria; la quarta figura a cavallo raffigurerebbe Teodorico, il re degli Ostrogoti che secondo una leggenda venne rapito alla sua morte da un cavallo nero, in realtà un demone, e gettato nel cratere dello Stromboli come punizione per le persecuzioni dei cristiani da lui compiute. Per don Moretti il capitello va letto come la lotta della virtù contro il vizio, e ne suggerisce la fonte letteraria nella Psicomachia di Prudenzio (IV secolo).
Quindi la lussuria o la lotta della virtù contro il vizio, secondo le interpretazioni più accreditate. E' vero che il
Cavaspina è raffigurato nel romanico sulle facciate o all'interno di chiese, come per esempio nella cattedrale di Trani o nel mosaico pavimentale di quella di Otranto; la figura di Gropina è mancante di alcune parti (avambracci e piede destro) e sulla groppa del cavallo si nota un appoggio circolare; quella che sembra la barba dell'uomo è liscia, contrariamente alle criniere e code dei cavalli trattate a righe verticali, forse anche per la difficoltà di usare lo scalpello senza danneggiare gli arti della figura. Se rappresenta davvero lo Spinario, allora la presenza del cavallo è, come suggerisce il Gandolfo (2003), voluta per non alterare la simmetria dell'insieme.
Ma c'è un aspetto importante, mai messo in luce prima per Gropina. In uno studio apparso in rete nel sito della diocesi di Milano, IncrociNews.it, Luca Frigerio richiama l'attenzione sulle rappresentazioni dello
Spinario nelle chiese medievali che si trovano lungo le vie di pellegrinaggio, riconoscendo nella spina un doppio significato: quello evidente, come intralcio fisico al cammino del devoto che percorreva a piedi la via Romea o quella per Santiago di Compostela, e quello simbolico, la spina allegoria del peccato e della relativa punizione divina ma anche degli ostacoli che impediscono di rispondere in pieno alla Parola di Dio e di seguire il cammino verso la salvezza; gli Spinari raffigurati nelle chiese sulle vie di pellegrinaggio possono quindi avere un valore apotropaico e anche simbolico: come scrive Frigerio, "un richiamo alla condizione stessa del pellegrino, che per compiere fino in fondo il suo cammino, spirituale prima ancora che materiale, deve liberarsi di quelle "spine" che rallentano la sua marcia e che simboleggiano i peccati, o i beni superflui, o i pregiudizi..." o anche l'eresia. Anche la pieve di Gropina, come abbiamo visto, si trova lungo una via di pellegrinaggio: la via Sancti Petri, il tratto della Cassia Vetus che conduceva a Roma i devoti del principe degli apostoli desiderosi di visitare la sua tomba.
Anche i tre cavalieri si prestano a letture diverse: come abbiamo visto possono rappresentare sia la purezza di vita e la difesa della fede cristiana che una condotta dissoluta (le numerose storie d'amore cantate nelle
chansons de geste) e la passione per la guerra; inoltre cavalieri di colore diverso, e in numero di tre come nel nostro capitello, possono incarnare altri valori: il Cavaliere Verde è il neofita o l'iniziato; quello Rosso è il conquistatore, battezzato nel sangue; il Cavaliere Bianco raffigura i poteri del male, e anche l'espiazione e il sacrificio. In senso generale l'uomo a cavallo è lo spirito che guida il corpo: la sua ricerca rappresenta il viaggio dell'anima attraverso il mondo con le sue tentazioni e gli ostacoli che deve superare, nel corso del quale il carattere viene messo alla prova e avanza verso la perfezione. Un significato esoterico e filosofico non di rado presente nelle chiese medievali, che si combina a quelli più espressamente religiosi arricchendone il valore.
L'autore del capitello dei cavalieri è lo stesso lapicida che ha scolpito quello con i leoni affrontati, come denotano i motivi stilistici, e anche quello che vedremo adesso, eseguito al termine dei lavori alla pieve di Gropina.

Indice