CAPITELLO DEI LEONI AFFRONTATI
navata destra, seconda colonna



Due fiere in lotta, zampe contro zampe, le code dritte e le fauci spalancate, sono raffigurate in posizione affrontata su ciascuna faccia del capitello; agli angoli, quattro piccole teste al posto delle volute. Identificate come tigri da V. Moretti (2004) e come leoni dal Gandolfo (2003), è quest'ultima la versione più probabile: infatti tutti gli animali hanno una lunga criniera e una coda terminante a pennacchio, mentre la tigre non ha criniera e la sua coda è liscia.
In questa posa quasi araldica, uno dei leoni azzanna la testa dell'altro: il combattimento tra due specie identiche è interpretato da V. Moretti (2004) come riferimento alla violenza fratricida, ma il leone è uno degli animali che nel romanico si presta a molteplici interpretazioni, non di rado contraddittorie; se lotta con creature di valenza negativa (per esempio l'ariete o il drago) può rappresentare Cristo che vince le forze del male, o la lotta tra le potenze diaboliche per impadronirsi dell'anima del peccatore, o il disordine e il caos tra le stesse forze negative; quest'ultima interpretazione è forse tra le più adatte al nostro capitello, senza escludere in aggiunta quella della lotta fratricida estesa però a tutto il genere umano: cioè, la guerra.
L'autore di questo capitello è ancora un lapicida di provenienza locale, forse valdarnese o dell'area di Arezzo, che ha scolpito anche i due capitelli che seguono e con il quale si concluderanno i lavori del cantiere romanico: la violenza trattenuta, espressa dalle schiene inarcate e dalle zampe irrigidite delle fiere dalle lunghe zanne, nonché il tipo di modellato, avvicinano questo capitello a uno stilisticamente non dissimile della pieve aretina.

Indice