CAPITELLO DELLE AQUILE
navata destra, quarta colonna (dietro al pulpito)
Questo capitello, sotto il quale si trova il pulpito di gusto longobardo, ha un'iconografia molto simile al precedente, differendo per il tipo di animaletti tra gli artigli delle aquile e per la decorazione: tra i rapaci sorgono lunghi steli terminanti con un fiore a quattro petali tra racemi curvilinei che si distendono sopra le teste dei predatori. Rispetto all'altro capitello delle aquile, alcuni dei piccoli animaletti hanno un atteggiamento più reattivo: volgono la testa in alto cercando di mordere la zampa del rapace, come ribellandosi al proprio destino, e per questo il ruolo di psicopompo di questi uccelli - cioè di accompagnatori di anime - può essere letto in senso negativo, come accompagnatori di anime all'Inferno. Mons. Valente Moretti (2004) vede nel capitello un richiamo alla violenza che genera violenza, ma nel romanico questa simbologia è espressa da creature che hanno più o meno la stessa forza, come vedremo anche in un altro capitello della nostra pieve: qui è forse da privilegiare l'allegoria della dannazione, dell'anima condotta in un aldilà non desiderato. La presenza di una lepre, o di un coniglio, tra le prede, può intensificare questo simbolismo negativo o aprirlo alla speranza, a seconda del significato che l'animaletto assume, proprio come accade nell'altro capitello dallo stesso soggetto.
Come per il precedente, l'autore è un lapicida locale anche se i motivi stilistici permettono di attribuire questo capitello ad una mano diversa: in entrambi si è fatto uso di un modello, ma la resa è differente sia nelle proporzioni delle aquile, qui più affusolate, che nel modo di trattare le superfici: nel capitello vicino all'abside si notano maggiore realismo ed espressività nel coniglietto, forme più ampie e un plasticismo più rilevato che contrastano con una certa fissità e un gusto per lo schematico tipici di questo lapicida, a cui possiamo attribuire anche il capitello seguente con i simboli dell'Eucarestia.