CAPITELLO del GREEN MAN
navata sinistra, seconda colonna



Questo capitello combina il corinzio con quattro figurazioni, una su ciascun lato, ed è di non facile interpretazione: tra le foglie d'acanto appaiono le teste di un diavolo (o per alcuni di un satiro), di un ariete, di un felino che potrebbe anche somigliare a un drago, e infine di una figura umana per la quale propongo una nuova identificazione, che vedremo tra breve. Monsignor Valente Moretti (2004) lo definisce il capitello dei malefìci, cioè dei demoni e di ciò che incarna il male. La testa rivolta all'entrata, vista talvolta come un satiro, dovrebbe forse rappresentare un demone, perché di solito il satiro viene raffigurato con la barba caprina e un sorriso ghignante, animalesco, mentre qui l'espressione è spaventosa, un diavolo che mostra i denti accigliato. L'ariete è ben riconoscibile, mentre il felino può essere identificato con un leone confrontandolo con quello nel capitello successivo; se nella simbologia cristiana l'ariete rappresenta Cristo come guida del gregge o anche il sacrificio, ed è anche immagine dell'energia creativa, della forza generatrice, il leone ha un significato ambivalente: tra i suoi tanti aspetti, qui può stare a significare quello della potenza e della forza del Cristo oppure il Suo potere di liberare le anime dalle fauci del leone, che in questo caso è il diavolo sotto forma di "leone ruggente". Però l'ariete qui sembrerebbe avere le sembianze anche di un caprone, e in questo caso sarebbe da intendere come un altro simbolo del male... resta da interpretare l'ultima figura, una testa umana avvolta in foglie d'acanto e dalla cui bocca sembrano uscire altre foglie dello stesso tipo. Generalmente non vengono proposte letture per questa figura; credo tuttavia che si tratti proprio della chiave per comprendere l'intero capitello: ne suggerisco l'identificazione con quello che gli anglosassoni chiamano
Green Man, nome che appare per la prima volta nel 1939 nell'articolo The Green Man in Church Architecture, pubblicato da Lady Raglan in "The Folklore Journal", ma che rivela la sopravvivenza di un antichissimo culto pagano della primavera, un culto che si perde nella notte dei tempi e che si trova in molte culture in tutto il mondo, dall'antica Roma all'India - dove appare nell'VIII secolo in un tempio del Rajasthan - alla Germania, dalla Francia all'Indonesia, dall'Inghilterra a Israele, con i Green Men delle chiese templari a Gerusalemme (sec. XI).
Il
Green Man è un volto circondato, o fatto, di foglie, e spesso fa uscire tralci dalla bocca o anche da orecchie, narici, occhi, proprio a significare la rinascita della vegetazione in primavera; è una figura molto popolare nel mondo anglosassone, dove appare in edifici di ogni genere e perfino su insegne di pubs. In Italia è molto più raro: appare per esempio nel portale centrale della basilica veneziana di San Marco (sec. XIII). Dal Rinascimento in poi, la sua funzione diventa soprattutto decorativa - in Italia ve ne sono di molto belli nel Cinquecento come ornamento di mobili o di libri a stampa - "rinascendo" soprattutto in epoca vittoriana con il revival del gotico. Al Green Man sono collegate divinità come i celtici Cernunnos e Viridios o il latino Sylvanus e figure mitiche di area celtica: Derg Corra, Jack o' the Green, lo shakespeariano Puck... fino a personaggi favolosi quali Robin Hood, Peter Pan, Sir Gawain (ser Galvano, uno dei cavalieri della Tavola Rotonda), e addirittura una figura insospettabile, secondo alcuni non esistita realmente: San Giorgio, il vincitore del drago, che in area britannica veniva chiamato anche Green George, lo spirito della primavera (il greco Georgios significa "coltivatore della terra", quindi Giorgio come fertilità e rinnovamento).
Ma non si tratta solo di volti umani o semi-umani: esistono anche, per così dire, "variazioni sul tema", come i
Green Cats o i Green Lions, assai popolari nell'Inghilterra del XII secolo, e con l'adattamento del culto pagano alla religione cristiana cominciano perfino ad apparire Green Men con la testa del Cristo (nella cattedrale di Lincoln, Gran Bretagna) o addirittura Madonne col Bambino (ancora in Gran Bretagna, nella Lady Chapel di Ely). Nel capitello di Gropina potrebbero proprio essere raffigurate alcune di queste "variazioni": il leone (quasi come un Green Cat), il demone, l'ariete; ciascuno di loro è circondato da foglie d'acanto, sembrando anzi uscire dal folto di queste, con altre foglie accostate o che escono dalle loro bocche; inoltre il Gandolfo (2003) assegna questo capitello, insieme al precedente e datandoli al 1170 circa, a un lapicida formatosi in Provenza (come già Roberto Salvini nel 1966) e ne vede l'influenza di maestranze attive nel chiostro di Saint-Trophime (Arles), nell'abside della chiesa fortificata di Saintes-Maries-de-la-Mer e nel chiostro della cattedrale del Saint-Sauver ad Aix-en-Provence. La Provenza è una delle aree dove il Green Man è conosciuto, come nel resto della Francia; questo può confermare la presenza a Gropina di lapicidi provenzali, corroborata dagli elementi stilistici.
Ben quattro
Green Men con le loro variazioni possono dunque essere raffigurati nel capitello di Gropina: se dalla bocca del demone le foglie non escono ma sono solo accostate, questo avviene anche in moltissimi altri casi di Green Man. Il loro significato simbolico è rafforzato dal numero: non come sopravvivenza del culto pagano ("noi siamo ancora qui") ma come avvertimento contro il peccato o anche, in senso positivo, la negazione del potere immanente ctonio e demoniaco da parte della Chiesa, intendendo il significato di rinascita simboleggiato dal Green Man come culto pagano; non è escluso neppure che questa "rinascita" sia stata intesa anche in senso cristiano, ma a questo significato "in positivo" fanno eco i simboli del male e del peccato: il diavolo (il male in assoluto), il leone (la violenza), l'ariete-caprone (il demoniaco) e il Green Man classico (la falsa religione, il paganesimo) avvertono l'uomo medievale dei pericoli da evitare.
La scelta di questo "lato oscuro" del
Green Man piuttosto che di quello positivo della rinascita, dell'unione dell'uomo con la terra, fa parte del programma di salvezza dispiegato nell'intera pieve di Gropina, anche se un'eco del suo senso più immanente non è da escludersi del tutto.


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